La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17557/2014, ha sancito il
principio secondo cui è illegittima, perché contraria alle norme dettate in
materia di ripartizione delle spese per acqua e ascensore (articolo 1124 del
Codice civile) – la deliberazione assembleare che pone un maggior onere
contributivo a carico delle unità immobiliari abitate da più persone.
In sostanza, secondo la Corte, il numero di persone che occupano l’appartamento
è irrilevante, in quanto solo una previsione regolamentare (contrattuale) può
imporre il criterio che tenga conto di tale composizione numerica.
Questo principio di diritto è applicabile anche agli immobili adibiti a
studi professionali ed è stato reso dalla Suprema Corte, risolvendo il caso di
un condomino che aveva impugnato la delibera con la quale l’assemblea aveva
approvato il rendiconto dell’anno di gestione appena trascorso, dove la
ripartizione delle spese dell’ascensore e dell’acqua era stata ritenuta errata
in quanto, a parità di millesimi e di piano, l’onere di contribuzione era
maggiore nel caso di famiglie più numerose.
Nei primi due gradi di giudizio la domanda del condomino è stata respinta.
Gli ermellini, invece, sono stati di diverso avviso, precisando che per le
spese di gestione del servizio ascensore è applicabile, per analogia, in
mancanza di deroga con patto negoziale intervenuto tra tutti i condomini, la
regola prevista dall’articolo 1124 del Codice civile, relativa alla
ripartizione delle spese di manutenzione e ricostruzione delle scale, secondo
cui il riparto avviene, per metà, in ragione del valore dei singoli piani o
porzioni di piano, per l’altra metà in misura proporzionale all’altezza di
ciascun piano.
La Corte di Cassazione ha pertanto chiarito che sono da ritenersi invalide
le delibere assembleari adottata a maggioranza, con le quali venga stabilito,
come nel caso di specie, a parità di caratura millesimale e di livello di
piano, un onere di contribuzione alle spese di gestione dell’impianto di
ascensore più elevato a carico dei condomini con una famiglia più numerosa, sul
presupposto della loro più intensa utilizzazione del bene comune, rispetto agli altri, e un esonero parziale per i proprietari di unità che l’amministratore
abbia accertato essere disabitate.
Il medesimo principio, in forza del quale non bisogna tenere conto del
numero di persone residenti in un’abitazione, è stato applicato anche per la
ripartizione delle spese dell’acqua.
Gli ermellini hanno, infatti, chiarito che in tema di condominio, fatta
salva la diversa disciplina convenzionale, la ripartizione delle spese della
bolletta dell’acqua, in mancanza di contatori
di sottrazione installati in ogni singola unità immobiliare, va
effettuata in base ai valori millesimali delle singole proprietà, sicché deve
ritenersi viziata, per intrinseca ragionevolezza, la delibera assembleare,
assunta a maggioranza che esenti nel contempo i condomini i cui appartamenti
siano rimasti vuoti nel corso dell’anno.
Personalmente tale tesi si ritiene condivisibile con riguardo alla ripartizione
delle spese relative al servizio ascensore, ma non in relazione a quelle dell’acqua,
per le quali vige il criterio di ripartizione di cui all’art. 1123, secondo
comma del Codice Civile, secondo cui “Se si tratta di cose destinate a servire
i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso
che ciascuno può farne".
Ad ogni modo, per evitare di dover contribuire a tali spese in modo eccessivo
rispetto al dovuto, è sempre consigliabile optare per l’installazione di
contatori di sottrazione in ogni singola unità immobiliare.
Novate Milanese, 15 Ottobre 2014
Avv. Rossella Corapi
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